Racconto “I tesori nascosti”

Racconto “I tesori nascosti”

Nota

Carissimi TaleTellers, come state? Spero che anche per voi questo maggio si sia dimostrato un mese molto produttivo per la scrittura, così come lo è stato – incredibilmente – per la sottoscritta: non realizzavo due racconti nell’arco di 30 giorni da una vita e mezza.

Quello che state per leggere è l’appuntamento mensile con #narratoridistorie, la sfida organizzata da Christine sul gruppo Facebook Ritrovo scrittori anonimi e (s)bloccati di cui è l’admin.

La consegna di questo mese è stata interessante: ho ottenuto al lancio del dato un +4, che ha significato casella 17, “Sii positivo, quasi sempre”. Mi sono inoltre capitati il colore giallo, con la caratteristica dell’ottimismo e consegna “E alla fine andrà tutto bene, no?”. Il bonus che mi è capitato, inoltre, è il numero 10: potevo perciò scegliere se tenere la casella o andare avanti di uno, e ho scelto di tenere la casella 🙂

Spero che la lettura possa piacervi, vi aspetto nei commenti per sapere se avete apprezzato questo scritto e i vostri preziosissimi suggerimenti per migliorarlo! Buona lettura.

I tesori nascosti

Marco amava i mercatini dell’antiquariato.
Gli metteva i brividi l’idea di scoprire tesori nascosti tra le bancarelle, posare gli occhi su cimeli del passato, osservare l’anima di quegli oggetti ricoperti di polvere e ricordi che avevano vissuto momenti unici nella vita di qualcuno o assistito ad episodi importanti della storia d’America e non solo.

Ne era stato affascinato sin dalla prima volta in cui il nonno, storico espositore alla fiera locale, lo aveva portato con sé in un road tour durato l’estate intera dei suoi 8 anni; da allora non aveva mai saltato un appuntamento. Così, anche in quella prima, soleggiata domenica di maggio, preparato lo zaino con il pranzo al sacco e legato il suo Jack al guinzaglio, si avviò verso il centro, già pullulante di persone nonostante l’ora mattutina, con lo stesso entusiasmo che aveva sin da bambino: era di nuovo tempo di scoperte, i mercanti avevano fatto ritorno in città.

Pareva quasi fosse cambiata l’atmosfera stessa del piccolo agglomerato urbano, con l’arrivo dei venditori amatoriali a popolarne le vie. Ogni cosa sembrava infatti essere stata avvolta dalla patina che ricopriva, sottile e giallognola, le cianfrusaglie esposte in ordine sparso lungo le traballanti tavole di legno di fronte alle roulotte dei mercanti.

Uomini e donne, giovani e anziani, erano tanti gli abitanti e i curiosi già immersi tra le bancarelle, intenti a scrutare questo o quell’articolo, un mix di emozioni diverse dipinte sul volto: chi, come i più piccoli, si faceva prendere dalla singolarità di quanto messo in mostra, immaginandone le gloriose gesta di quando, lustri e ricercati, quegli stessi oggetti se ne stavano in bella vista in altrettanto imponenti dimore; chi invece, come i più grandi, analizzava con l’occhio attento dell’esperto o presunto tale la mercanzia, ricercando tra i vari cimeli quello che avrebbero ribattezzato alla successiva cena con i parenti come l’affare del secolo.

Marco sorrise con un po’ di nostalgia alla familiarità della scena che aveva dipinta davanti agli occhi. L’ultima volta aveva passeggiato tra quelle vie con il nonno. Non averlo al suo fianco quel giorno – non averlo più al suo fianco – gli faceva uno strano effetto. Scosse via un brivido e ricacciò indietro le lacrime. No, non si sarebbe fatto prendere dall’emozione, il nonno non l’avrebbe perdonato: “Emozionati per le cose che contano, anche se a pezzi e datate, non per quelle che non possono contare più”, gli diceva continuamente, con quella voce profonda e decisa che per Marco avrebbe sempre avuto il sapore di casa. “Lo farò”, gli promise silenziosamente, lo sguardo rivolto verso il cielo.

«Andiamo Jack, di qua!» disse, una volta tornato in sé e ritrovato l’ottimismo di sempre, trascinando lungo il viale principale il suo piccolo pastore tedesco, intento a inseguire una farfalla che stava svolazzando nella direzione opposta. «Sento che oggi faremo grandi affari!» disse, annuendo con fare convinto. In un primo momento, il cucciolo grugnì contrariato; fu sufficiente un sorriso incoraggiante del suo padrone a cancellare ogni tentativo di resistenza.

Il ragazzo, seguito dal cucciolo scodinzolante, passò in rassegna molteplici gazebo, soffermandosi a lungo tra quelli che esponevano vecchi libri e sfogliando uno ad uno i cofanetti colmi di vinili. Non stava cercando qualcosa di particolare: era solito lasciarsi guidare da ciò che gli capitava sottomano, permettendo all’oggetto di sceglierlo e non il contrario. Se quel che trovava gli sembrava avere qualcosa da dire, Marco provava a scoprirne la storia con l’espositore che ne era proprietario; se avesse ottenuto un racconto abbastanza convincente, avrebbe proceduto all’acquisto, in caso contrario avrebbe riposto il cimelio e continuato la sua ricerca.

Si sentiva, in qualche modo, un cacciatore di storie più che un cercatore di oggetti. Era un’altra delle cose che il nonno gli aveva insegnato: “Se vuoi conoscere davvero qualcosa, impara a guardarle dentro, non attraverso, e lascia che sia lei a parlarti, non darle tu una voce che non le appartiene.”

«Che cosa mi sa dire di questo?» chiese alla donna bassa e tarchiata che, dietro le tavole su cui aveva esposto i suoi oggetti, se ne stava stravaccata su una vecchia sedia da pesca pieghevole dalla tinta scolorita, probabilmente a sua volta in vendita, scrollando con marcato disinteresse un cellulare di ultima generazione protetto da una cover giallo acceso.

«Che cosa vorresti sapere di quello, ragazzo?» rispose lei, alzando appena lo sguardo. «Era nel ciarpame che quel pazzo di mio marito aveva collezionato in soffitta, insieme alla robaccia che vedi lì, su quell’altro tavolo» aggiunse, indicando con un’occhiata fugace il bancone impolverato più a destra.

Marco si passò lo strano bastone tra le mani un paio di volte, osservandone gli intagli ma senza trovarci qualche particolare degno d’essere indagato con maggior profondità. Lo ripose, silenzioso. “Non mi parlano più, nonno” pensò tra sé e sé. “Da quando non ci sei, le cose non mi parlano più” ammise affranto.

«Grazie comunque» disse alla donna, la quale non si degnò nemmeno di rispondere, continuando con le sue mani bitorzolute ad armeggiare con lo smartphone.

«Jack, vieni qui bello!» richiamò a sé il suo piccolo amico, addormentatosi sotto una delle panche di legno. Il cucciolo alzò la testa, scrollando le orecchie. «Eddai bello, dobbiamo andare!» insisté Marco, cominciando a muoversi verso l’espositore successivo. Non si era però reso conto di come il guinzaglio di Jack si fosse avvolto inavvertitamente alla gamba del tavolo; quando il cagnolino corse in sua direzione, trascinò con sé l’intero banco, in un frastuono impossibile da ignorare.

«Ehi ragazzo! Il tuo cane mi ha distrutto il bancone!» sbottò allora la donna, alzando gli occhi dal cellulare e scrutando Marco con crudeltà. «Ti conviene sistemare ogni cosa prima che mi alzi dalla sedia, se non vuoi che chiami la polizia!»

Marco rivolse a Jack un sordo rimprovero. Legò l’animale a un palo dell’illuminazione lì vicino; poi, scusandosi ripetutamente con la donna, rimise in piedi la panca e iniziò a raccogliere da terra gli oggetti sparsi sull’asfalto rovente. Radunò per primi quelli più ingombranti, e via via quelli finiti più lontano: alcuni dei cimeli erano infatti rotolati a parecchia distanza dalla bancarella, conquistando l’attenzione di Jack che, ignaro di averla combinata tanto grossa, continuava a giocare con uno di questi, un piccolo oggetto dalla forma sferica con cui percorreva avanti e indietro i pochi metri lungo cui era dislocata l’esposizione della donna.

«Il tuo cane sta mordendo uno dei miei articoli!» urlò quella quando se ne rese conto.
«Vorrà dire che glielo pagherò» rispose piccato Marco, mentre una goccia di sudore gli scendeva lungo il viso, paonazzo per l’imbarazzo e per lo sforzo.
«Varrà almeno 50 dollari, ragazzino!» sbraitò lei.
Marco posò sul tavolo l’ultimo oggetto rimasto da raccogliere. «Tenga qui i suoi soldi e mi lasci stare!» disse esasperato, consegnando alla megera il denaro e avviandosi verso Jack.

Vedendolo avvicinarsi, il cucciolo iniziò ad abbaiare.
«Non una parola Jack. Non. Una. Parola!» lo ammonì Marco, nervosamente. Il cane abbassò le orecchie e si fece improvvisamente mogio.

Marco afferrò la sfera appena acquistata e la infilò dritta nello zaino. Richiusa la lampo e slegato il guinzaglio dal palo, rivolgendo un freddo cenno alla donna ritornata alla sua occupazione principale sulla sedia da pescatore, riprese a camminare per qualche metro lungo le vie del mercatino ma, amareggiato per l’accaduto, desolato per la mancanza del nonno e arrabbiato per aver speso così 50 fottutissimi dollari, dopo qualche passo fece marcia indietro e prese la via di casa, seguito dal trottare brioso del piccolo Jack.

«L’hai combinata grossa, bello!» disse rivolto al cucciolo, una volta allontanatosi dal frastuono. «Io ci provo ad essere positivo, quasi sempre, però oggi è particolarmente dura e tu, piccolo amico, non mi stai certo dando una mano!» aggiunse.

Dopo qualche centinaio di metri, ormai giunto in prossimità di casa, Marco rallentò il passo e scosse la testa. Non voleva darla vinta al dispiacere, non voleva sprecare la bella giornata con cui il mondo aveva voluto salutare l’arrivo del mercatino in città per una stupidaggine successa a causa della disattenzione. Si era lasciato prendere dalla malinconia troppe volte, nei mesi precedenti, e il torto fatto al nonno, cui aveva promesso di continuare quella missione di ricerca di cimeli tra i mercatini del Paese anche dopo la sua morte, poteva ancora essere rimediato.

Decise di iniziare concedendosi il pranzo al sacco che aveva preparato per sé e per Jack quella mattina. Si avviò verso il piccolo torrente che scorreva poco fuori la città e, una volta lì, prese posto su una panchina all’ombra e rimase per un po’ ad osservare il fluire dell’acqua.
«Che ne dici Jack? Ti va di pranzare?» domandò al cane il quale, scodinzolando felice, non lasciò ombra di dubbio a Marco: era affamato.
Tra le fauci dei due, i panini non resistettero più di cinque minuti.

Con la temperatura in aumento, Marco decise di lasciare l’animale libero di scorrazzare un po’ lungo la riva del torrente, mentre lui si sarebbe goduto il primo sole della stagione. Non fece in tempo a togliere il guinzaglio dal cane che questi corse in acqua e, ritornato indietro, si scrollò sul padrone.

«Ma allora lo fai di proposito!» disse Marco, a metà tra il divertito e l’arrabbiato per quell’estro giocherellone del suo cucciolo. Jack abbaiò felice e si mise a saltellare tutto intorno. All’improvviso, puntò contro lo zaino, cercando di recuperare da lì la sfera che avevano acquistato al mercatino per mettersi a giocare con quella.
«Fermo Jack, fermo! Vediamo un po’ cosa mi raccontano i 50 dollari che mi hai fatto spendere…» disse il ragazzo, acciuffato lo zaino dalle grinfie del cucciolo, in un misero tentativo di rimprovero.

Non appena strinse la sfera tra le mani, Marco ne percepì il peso in modo del tutto differente da quanto aveva fatto qualche ora prima.
«Non mi era sembrata così massiccia, al mercatino» pensò ad alta voce, rivolgendosi al piccolo amico il quale, impaziente, continuava a scodinzolare in attesa che il suo padrone si decidesse a lasciare la sfera a lui, suo legittimo proprietario.

Estratta dallo zaino, Marco la osservò con estrema attenzione. Non sapeva dire esattamente che cosa fosse quell’oggetto: interamente blu, la superficie liscia come l’olio eccetto che per qualche punto e diverse striature all’apparenza geometriche, con un inchiostro bianco e oro vi erano state dipinte sopra, in un codice alfanumerico mai visto prima dal ragazzo, una serie di informazioni che, Marco ne era sicuro, significavano qualcosa.

Non era di certo un giocattolo di qualche tipo, né una cianfrusaglia dallo scarso valore come l’aveva definita la donna che gliel’aveva venduta: averci speso solo 50 dollari gli sembrò improvvisamente uno dei migliori affari mai fatti in vita sua.
«Guardala, Jack! Guarda la sfera!» disse, euforico, avvicinando il cimelio al cane che, confuso, la scrutò senza troppa convinzione. «Forse, dopotutto, non abbiamo fatto un investimento sbagliato, sai?» aggiunse, continuando a rigirarla da un palmo all’altro.

Marco alzò la sfera verso il sole: attraversata dalla luce, la materia di cui era composta sembrò quasi dilatarsi, lasciando intravedere il nucleo e dando alla massa una sfumatura che ricordò al ragazzo, senza alcuna esitazione, le sfumature di blu dell’oceano più profondo. In quel mare blu, inoltre, filamenti dorati parevano andare a comporre un percorso preciso tra i punti individuati in superficie dall’inchiostro. Marco trattenne il fiato; forse, rifletté, “globo” era la parola che più sembrava corretta a descrivere il cimelio: un mondo sulla cui superficie, accarezzata dai raggi solari, solo a un occhio attento come il suo sarebbe stato svelato il mistero nascostovi.

«Una mappa?» chiese retoricamente il ragazzo. «Una mappa! Jack! È una mappa!» Marco iniziò a saltare dalla gioia tutto intorno alla panchina sulla quale aveva consumato il pranzo con il suo amico a quattro zampe, incredulo ed elettrizzato come da troppo tempo non gli capitava più d’essere, seguito dal cagnolino che, vedendo il padrone tanto felice, non poté che condividere a sua volta tale gioia.

«Presto, vieni qui! È ora di andare! Ho bisogno di un computer e una connessione internet per scoprire ogni cosa di questo universo!»
Il ragazzo afferrò in fretta e furia le poche cose rimaste sparse sulla panchina, rimise velocemente il guinzaglio a Jack e si avviò, quasi correndo, con un sorriso a 32 denti stampato in volto, verso casa.

Disclaimer & Copyright

Il contenuto pubblicato nel racconto qui sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore (Legge n. 633/1941): la riproduzione dello scritto, anche parziale, senza autorizzazione è vietata. La storia è un’opera di fantasia. Analogie con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, sono puramente casuali.

Se siete curiosi di leggere altre storie, prima di tutto GRAZIE, e secondariamente… vi basta cliccare qui! 🙂

2 commenti

  1. Nuage Rose

    Ciao! Sono qui per la sfida.
    Questa storia ti fa venire voglia di sapere cosa accadrà dopo al nostro protagonista, che in qualche modo mi ricorda Milo di Atlantis… sarà per il suo rapporto col nonno, la voglia di avventura o l’amore per le antichità. Insomma, mi sembra più l’inizio di una grande avventura. Sarebbe bello sapere cosa accadrà.
    Ti faccio i miei complimenti, a presto!

  2. Liv

    Ciao. Ho adorato questo racconto. Il protagonista, la sua passione per le cose vecchie, oggetti che raccontano qualcosa, che parlano a chi decide di vederli davvero, l’ho apprezzato davvero tanto e mi ha fatto riflettere. Forse a volte andiamo troppo veloci per renderci conto di cosa abbiamo vicino a noi davvero, non ascoltiamo le storie che possono davvero raccontarci.
    Complimenti per questo racconto e aspetto il seguito 😀

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