Racconto “Emma”

Racconto “Emma”

Nota al racconto “Emma”

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Creazione a cura di Tania, del blog My Crea Bookish Kingdon

Cari TaleTellers, che piacere ritrovarci così presto! Incredibile ma vero (e se dovesse finire il mondo, sapete chi incolpare ^^”) eccomi a pubblicare il racconto “Emma”, scritto per l’appuntamento del mese di giugno con la rubrica “Storytelling Chronicles” ideata da Lady C. de La nicchia letteraria.

Ho approfittato di questi giorni liberi – siano benedette le ferie – per riprendere in mano con un po’ più di tranquillità la mia vena creativa e sono felice di essere riuscita a partorire qualcosa prima della fine del mese. Ma vediamo nel dettaglio cosa.

L’appuntamento di giugno aveva come tema principale i libri, che dovevano essere protagonisti, nella declinazione che più ci sembrava pertinente, del racconto. Elementi secondari da inserire nel testo erano invece una mamma e il lavoro. Ho trovato l’argomento molto interessante, mi sono balzate in mente diverse idee, ma alla fine ho scelto di raccontarvi la storia di Emma.

Spero vi divertiate a leggerla tanto quanto mi sono divertita io a scrivere di lei. Come sempre, vi ringrazio per il tempo che dedicherete alla lettura e vi aspetto nei commenti per sapere che ne pensate e per leggere i vostri consigli, sempre utilissimi per migliorare 🙂 Buona lettura!

Emma

Emma era solita vivere con la testa sempre immersa tra le pagine di un libro. Indipendentemente da ciò che stava facendo, avreste potuto giurare di trovarla con un romanzo in mano e mai sbagliare, perché il 99,9% delle volte sarebbe stato esattamente così: a colazione, sul bus, al lavoro, insieme agli amici, in fila alle poste, aveva imparato e perfezionato, negli anni, l’arte di vivere con un occhio sulla realtà e un occhio tra le pagine.

Non a caso, la ragazza era la proprietaria del piccolo negozio di libri di Brighton, ovvero il luogo dove più si sentiva a casa di qualsiasi altro, casa sua – quella vera – inclusa.

Lì, circondata dai romanzi, dalla carta e dall’inchiostro, dalle vite e dai sogni dei protagonisti di quei mondi lontani, dalle loro gioie e dalle loro sofferenze, dai loro happy ending e dai loro tragici destini, Emma si sentiva viva. Viva davvero. Anche se, ad essere sinceri, non aveva mai vissuto qualcosa di veramente, unicamente suo, che non vedesse cioè coinvolti, in qualche modo, i suoi amatissimi libri.

Come conobbe, ad esempio, le sue due migliori amiche? Partecipando a una serata durante la quale si discuteva del romanzo di Alexandre Dumas “I tre moschettieri”. Quando accolsero a casa il primo cane? Emma aveva appena esaurito ogni lacrima leggendo “Io e Marley” di John Grogan. Al primo ballo studentesco? Avreste trovato Emma sulle panche più lontane dalla musica, intenta a leggere “Ragazzo da parete” di Stephen Chbosky. Durante il suo viaggio a Barcellona? Eccola passeggiare lungo le vie della città stringendo tra le mani la sua copia de “L’ombra del vento” di Zafón.

Insomma, qualsiasi cosa Emma avesse mai vissuto, provato, detto o pensato, anche la più banale, statene pur certi, l’aveva fatto con un romanzo tra le mani e i pensieri persi nei suoi magici mondi di carta e d’inchiostro.

Lei stessa, oltretutto, era stata chiamata Emma per onorare un personaggio di un libro, la Emma di Jane Austen, il romanzo preferito di sua madre. E proprio come quella Emma, anche lei era bella e intelligente, allegra e spensierata, e “aveva quasi raggiunto i ventun anni senza subire alcun dolore o grave dispiacere.”[1] Una curiosa coincidenza, non trovate?

Emma era molto brava con la clientela della sua piccola libreria: riconosceva chiunque entrasse soltanto ascoltandone il passo, aveva sempre ottimi consigli da dare in fatto di letture, e si assicurava che ogni persona che varcava la porta del negozio in cerca di un suggerimento ne andasse via soddisfatta e ritornasse contenta di aver fatto una buona impressione – qualora il libro fosse stato un regalo -, o di aver letto una bella storia – qualora il libro fosse stato comprato per sé.

Era profondamente orgogliosa del suo lavoro: aiutare i lettori di Brighton la faceva sentire meravigliosamente bene, e dava un senso speciale alle sue giornate. L’esistenza di Emma si era infatti dimostrata di anno in anno sempre più colma, di felicità, soddisfazioni, libri. Le mancava soltanto l’amore, quell’amore di cui tanto aveva letto tra le sue adorate pagine ma che mai aveva vissuto in prima persona, che però sapeva sarebbe arrivato al momento giusto, quando meno l’avrebbe aspettato, perché non nascevano forse così tutte le più belle storie d’amore?

«Salve, signor Smith! Come posso aiutarla oggi?» chiese Emma gentilmente all’elegantissimo, anziano uomo appena entrato nella piccola libreria, sollevando appena lo sguardo dal romanzo che stava leggendo.

«Oh, suvvia, suvvia, buongiorno Emma cara! Quante volte ti devo ripetere che puoi chiamarmi Paul? Sto cercando un regalo speciale per la mia adorata Helen, potresti aiutarmi?»

Emma infilò al volo il segnalibro tra le pagine e gli rivolse un dolce sorriso. «Certo che sì, Paul! Allora, vediamo un po’… L’ultima volta che è passata di qui, Helen ha preso questo» disse afferrando dallo scaffale una copia dell’ultimo romanzo di Jöel Dicker, “L’enigma della camera 622”. «Le era piaciuto?» chiese.

«Piaciuto? L’ha divorato! Voleva passare a ringraziarti, ma non credo ne abbia ancora avuto il tempo. È sempre impegnata con il club dell’uncinetto, quelle vecchiette… le danno filo da torcere!» rise il signor Smith, insieme alla stessa Emma.

«Allora potrebbe piacerle anche il primo romanzo di Dicker, “Gli ultimi giorni dei nostri padri”. Non credo l’abbia già letto, ma conoscendo Helen e i suoi gusti sono certa potrebbe rimanerne altrettanto incantata!» disse la ragazza afferrando il volume.

«In fatto di libri l’esperta sei tu: se dici che potrebbe piacerle, allora lo prendo a occhi chiusi!» esclamò soddisfatto Paul. Pagato il conto, dopo aver scambiato qualche altra battuta con Emma sui piani per le vacanze e la salute dei suoi genitori, il signor Smith uscì e lei riprese la sua lettura.

La ragazza si ritrovò a sorridere, pensando a quanto amasse il suo lavoro. Innamorata di quel mondo – del suo mondo – com’era, l’idea che ci potesse essere qualcosa di più di quel che già aveva non le sfiorava mai i pensieri, nonostante gli anni continuassero a scorrere con la rapidità di un torrente in piena e tutti i suoi amici avessero iniziato a fidanzarsi, sposarsi e avere figli, mentre lei rimaneva la solita Emma di sempre, con la testa tra le righe e i sogni ben chiusi nel cassetto.

Non fraintendetela, era felicissima per ognuno di loro, ma lo era altrettanto per se stessa: mentre quelli si sfidavano a suon di chi avrebbe partorito prima quell’anno e quanti pargoli avrebbe sfornato ogni coppia – bambini che, per giunta, Emma adorava tanto quanto questi adorassero lei -, lei si preoccupava di tenere il conto di quanti romanzi avrebbe divorato entro dicembre – la sera precedente aveva concluso il 176esimo, ed erano solo all’inizio dell’estate – e le andava benissimo così.

Quel caldo pomeriggio di giugno, Emma era a metà del 177esimo libro dell’anno, persa tra le pagine di quello che aveva definito un Romanzo con la R maiuscola.

Improvvisamente, tutto si fece silenzioso. Sembrava quasi che il mondo intero si fosse fermato per osservare cosa si trovasse alle sue spalle – o meglio, chi. Si voltò anche lei, e fu allora che lo vide. Un ragazzo. Un ragazzo bellissimo, alto e muscoloso, con corti capelli neri e occhi azzurro chiaro, della sfumatura di cui si dipinge il cielo, d’estate, poco dopo l’alba. Tutti i presenti, sia le ragazze che gli stessi ragazzi, avevano girato la testa in sua direzione lanciandogli sguardi ammiccanti, il cuore un tamburo nel petto, ma lui, spavaldo, pur notandoli non si stupì e anzi, li ignorò uno ad uno: erano infatti reazioni più che comuni, quelle, quasi scontate e banali, quando Josh Hewitt era nei paraggi.

La piccola campanella che Emma aveva appeso alla porta della libreria si mise a suonare.

«Buon pomeriggio!» esclamò lei in automatico, senza ricevere però alcuna risposta.

La ragazza attese allora che fosse il nuovo visitatore – non ne aveva mai udito il passo, prima – a presentarsi e chiederle direttamente aiuto: non voleva disturbare o sembrare impertinente, con la sua voglia matta di chiacchierare di libri.

Sentì lo sconosciuto – dedusse fosse un uomo dal modo in cui trascinava i piedi sul pavimento, molto simile a come era solito fare suo fratello – passeggiare in lungo e in largo vicino agli scaffali, soffermarsi a guardarli, spostarsi lungo i due tavoli posti al centro della libreria per dare un’occhiata alle offerte speciali che lì erano riposte.

Dopo un po’, non percependo più alcun rumore, Emma sollevò la testa e cercò con lo sguardo quel bizzarro cliente. Non appena posò gli occhi sulla figura, si sentì quasi mancare. In piedi di fronte a lei c’era un ragazzo bellissimo, alto e muscoloso, con corti capelli neri e occhi azzurro chiaro, della sfumatura di cui si dipinge il cielo, d’estate, poco dopo l’alba.

«Ciao! Sono Josh Hewitt!» disse quello, e ci mancò poco che Emma non svenisse davvero.

«E-Emma…» riuscì a mormorare, la bocca improvvisamente asciutta, l’incredulità visibilmente scolpita in volto. «È un piacere conoscerti, Josh!» aggiunse, cercando di riprendere un tono quantomeno professionale, nonostante lo stupore. «Co-Come posso aiutarti?» chiese infine, le mani tremanti nascoste sotto al bancone.

«Ad essere sincero, non credo di aver bisogno di aiuto: stavo cercando proprio te!» rispose il ragazzo, sorridendo, mentre tutti i presenti nel locale voltarono improvvisamente la testa in sua direzione, i cuori scalpitanti nel petto.

«Questo non può essere vero» sussurrò Emma tra sé e sé.

«Più di quanto immagini!» le sorrise Josh, strizzando l’occhio sfrontatamente. 

Emma cercò di ritrovare la calma, fallendo tuttavia miseramente ogni tentativo. Com’era possibile che il protagonista del romanzo in cui era immersa si fosse improvvisamente materializzato e non solo, avesse varcato proprio la soglia della sua libreria e avesse chiesto esplicitamente di lei? Quale assurdo scherzo era mai quello?

«Non volevo turbarti…» si scusò il ragazzo, abbassando la testa.

«Oh, no, tranquillo! È che… mi sembra tutto così irreale!» disse lei. «È come se fossi uscito da qui…» aggiunse, indicando il libro che teneva ancora stretto tra le mani, «…e fossi finito qui!» concluse, cerchiando l’aria con le mani.

«Beh, è proprio quello che è successo…» ammise lui, il sorriso sempre stampato in volto.

Emma impallidì. «E com’è possibile?» si chiese, incredula.

«A volte non tutto può essere spiegato, Emma, a volte ci sono cose capaci di andare oltre la comprensione, oltre ciò che ci sembra possibile.»

«Ma io… Io stavo leggendo di te, e tu, e insomma io, e insomma tu, tu, tu sei davvero Josh Hewitt!»

«In carne e ossa!» ammiccò lui.

Emma si guardò intorno più volte convinta che, da qualche parte, stesse per sbucare una telecamera a riprendere lo scherzo del secolo cui, suo malgrado, si era ritrovata obiettivo principale. «Ma questo non è un romanzo, e io non sono decisamente Becca Jones!» ribatté, stizzita.

«Perché questa, Emma, non è la sua storia. È la tua!» sottolineò il ragazzo, indicandola.

«La mia?» ripeté lei, stupefatta.

«La tua. E ne scriveremo il finale insieme, tu ed io!» confermò lui, tendendole la mano.

Confusa e titubante, ma mossa da una curiosità indomabile, Emma la strinse. Non appena afferrò le dita di Josh, tutto intorno a lei iniziò a vorticare, per un tempo che durò un attimo pur sembrando infinito.

Improvvisamente si ritrovò, a fianco a Josh, catapultata nelle pagine del libro. Di fronte a Becca Jones.


[1] Incipit di “Emma”, traduzione di Pietro Meneghelli

Disclaimer & Copyright

Il contenuto pubblicato nel racconto qui sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore (Legge n. 633/1941): la riproduzione dello scritto, anche parziale, senza autorizzazione è vietata. La storia è un’opera di fantasia. Analogie con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, sono puramente casuali.

Se siete curiosi di leggere altre storie, prima di tutto GRAZIE, e secondariamente… vi basta cliccare qui! 🙂

4 commenti

  1. Oh Stephi 😍
    Questa storia è un sogno e mi capita di leggerla dopo aver finito “Fandom”! Hai interpretato alla perfezione i temi proposti per questo mese e hai creato una storia che vorrei leggere ancora e ancora e ancora!
    Emma è tutte noi fangirl che sogniamo di poter far parte delle nostre storie preferite, ma timide perché preferiamo le avventure sulla carta a quelle magari reali.
    Non vedo l’ora di scoprire come prosegue l’avventura di Emma (perché ci racconterai altro di lei, vero?) e cosa le succederà adesso che è entrata nel romanzo!
    Brava brava brava, perché il tuo stile è fenomenale!
    Alla prossima, Federica

  2. Liv

    In un breve racconto credo che tu sia riuscita a illustrare perfettamente il desiderio di noi lettori. Non sempre, ma spesso vogliamo entrare in un libro. Per vedere un bel posto, un bel tipo, una donna incantevole o per ridere e piangere assieme ai personaggi. Io personalmente a volte vorrei entrare tra le pagine del libro e prendere a sberle i personaggi, ma sappiamo che io sono un po’ fuori di testa 🤣
    Questo incrocio tra libri e una realtà verosimile, di una ragazza che possiede una libreria, lo hai descritto perfettamente secondo me. E ovviamente hai rispettato il tema del mese. Complimenti.

  3. Silvia Bragalini

    Ciao Stephi!
    Questa protagonista libraia con la testa tra le nuvole, come ha sottolineato Susy, sembra proprio una di noi. Ho anche apprezzato l’omaggio a Emma di Jane Austen, un romanzo che adoro! Non pensi anche tu che Mr Knightley sia un po’ sottovalutato rispetto ad altri “uomini dei sogni” austeniani? Eppure a me piace tanto!

    Molto intrigante l’idea del personaggio che esce dalle pagine del libro e decide di portare con sè la lettrice! È solo l’inizio, vero?? 🤗🤗

    Ti segnalo solo una cosa nella frase relativa ad Emma ed ai bambini: secondo me è meglio “adoravano” piuttosto che “adorassero”.

    Per il resto, complimenti e alla prossima!

  4. Beh io credo che con questo racconto tu abbia ampiamente racconto quello che sognano prima o poi tutte le accanite lettrici. Emma mi piace tantissimo, ma più che sicura che piacerà a chiunque ami leggere. L’hai descritta alla perfezione, lei è proprio una di noi!
    E trovo azzeccato e anche giusto il titolo di questo racconto perchè di certo lei rappresenta la protagonista principale

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