Racconto “Un risveglio da incubo”

Racconto “Un risveglio da incubo”

Nota

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Creazione a cura di Tania, del blog My Crea Bookish Kingdon

Cari TalesTellers, incredibile ma vero, non è la fine del mese e sto pubblicando qualcosa e, doppiamente incredibile ma doppiamente vero, questa volta avrete non una ma ben due storie per maggio! Se il mondo finirà stanotte, sapete chi incolpare 🙂

Premessa a parte, veniamo a noi! La storia che state per leggere è quella con cui partecipo alla rubrica Storytelling Chronicles, ideata da Lady C. de La nicchia letteraria, che ha deciso di proporci una serie di temi tra cui scegliere per questo appuntamento.

Tra incubo, protagonista adatt* alla notte del 31 ottobre, ambientazione temporale alla Halloween, montagna, terza persona di narrazione, l’immagine in allegato nel gruppo, la donna e una storia d’amore appena finita, la sottoscritta ha deciso di cimentarsi in qualcosa di diverso dal solito: l’incubo. Anche perché prima di pubblicare il racconto di aprile, a tema sogno, scrissi proprio questo pezzo, che alla fine non mi convinse e non pubblicai. Ora, rivisto e sistemato, è pronto per farsi leggere, e sono felice di condividerlo con voi!

Vi lascio quindi alla lettura di questa storia un po’ fuori dai miei soliti schemi, sperando possa piacervi. Ci rivediamo nei commenti, nel frattempo… Buona lettura! 🙂

Un risveglio da incubo

Quando apro gli occhi, tutto è avvolto dall’oscurità. Sono seduta su un freddo pavimento, rannicchiata addosso a quello che sembra un possente armadio, il braccio destro intorpidito. Non sento alcun rumore. Non percepisco nessun’altra vita.

Mi guardo attorno: in lontananza qualche flebile luce sembra indicare la via da seguire. A fatica mi alzo in piedi, massaggiandomi il bicipite indolenzito. Seguo con lo sguardo, ormai abituatosi a quella particolare penombra, le forme degli oggetti che mi circondano. Sembra che mi trovi in un edificio abbandonato, sufficientemente grande da non permettermi di scorgerne il soffitto, eppure allo stesso tempo abbastanza piccolo da vederne perfettamente il perimetro, delimitato dalle ombre del mobilio rischiarate dai bagliori intermittenti delle lampade.

Nello spazio in cui mi sono riparata per la notte non sembra esserci molto: il mobile addosso al quale dormivo è chiuso a chiave, provo a scuoterlo un po’ ma non c’è verso di farne scattare la serratura, e ai miei piedi non percepisco altro che polvere.

Di fronte a me la parete è spoglia e scarna. A ogni nuovo lampo di luce ne noto un particolare: al centro è squarciata da grosse crepe che non hanno un aspetto naturale; sul lato esposto verso il lungo corridoio sono appese alcune cornici, ma non c’è alcun dipinto al loro interno, solo brandelli di quelle che un tempo potrebbero essere state tele. A una decina di centimetri dal pavimento, una scia scura dai contorni indefiniti: non ne ho la certezza, non riesco a coglierne l’odore, ma dai grumi e dalle strisce che riesco a sentire passandovi sopra i polpastrelli, ha tutta l’aria di essere sangue rappreso. Un brivido mi corre lungo la schiena.

Sulla destra e sulla sinistra della stanza doppie file di cassettiere da ufficio riempiono ogni centimetro disponibile. Mi avvicino a quelle di sinistra. I cassetti, contrariamente a quelli dell’armadio, sono aperti; sembrano contenere una serie infinita di cartelle, scritte con un alfabeto che non riconosco. Ne estraggo qualcuna. Con un gesto rapido della mano ne tolgo gli strati di polvere sulla superficie; scorro velocemente con le dita, stretta nel buio della notte, le parole riportate: l’inchiostro non sembra nascondere particolari segreti, non riesco a leggervi niente. Rimetto le cartelle al loro posto e mi volto lentamente verso l’estremo opposto della prigione nella quale sono finita.

Mi guardo attorno con attenzione prima di decidere dove andare. Non sembrano esserci porte né finestre lungo le pareti, l’istante in cui le luci sfarfallano non è sufficientemente lungo da notare vie di fuga facili da raggiungere. Il soffitto, avvolto da una sostanza che sembra nebbia, pare distare chilometri dal pavimento, anziché qualche metro.

Incerta, muovo un primo passo verso la fonte luminosa più vicina: quando la raggiungo, mi addosso alla parete e rimango in ascolto, trattenendo il respiro, senza riuscire tuttavia a carpire niente. Non un filo d’aria più forte del solito, non un odore insolitamente acre o dolce a definire l’atmosfera, nemmeno particolari suoni a indicare la presenza di altri esseri viventi.

Recupero tutto il coraggio che mi è rimasto e, strisciando lungo la parete, seguo le luminarie lungo quello che a tutti gli effetti sembra un percorso: due sul muro di destra, tre lungo quella di sinistra, fino ad arrivare al lato opposto rispetto a quello in cui mi sono risvegliata. Al suo centro, un foro. Vi poso una mano sopra. Una scarica elettrica mi attraversa il corpo, e nel buio una voce si fa luce.

«Buongiorno.»

Resto pietrificata. Concentro ogni senso per individuare nell’oscurità il punto esatto da cui le lettere si sono sprigionate, ma per quanto mi sforzi, ogni tentativo fallisce: non ne percepisco il battito, non ne avverto il respiro, non ne odo la vibrazione delle corde vocali. Ripeto la ricerca due, tre, quattro volte, prima di iniziare a credere di essermela immaginata.

«Ti sei svegliata, finalmente.»

La frequenza è talmente flebile che le ultime sillabe quasi non mi arrivano alle orecchie: le sento nei brividi che mi percorrono la pelle come onde frastagliate che si infrangono sulla sabbia dell’oceano.

«Dove sei?» è tutto ciò che riesco a chiedergli. Gli occhi chiusi, la mano ancora ferma a coprire il foro sulla parete, i sensi annichiliti dall’atmosfera atipica di quel non-luogo.

«Qui… » sussurra, più vicino.
«Qui» ripete, stavolta nel mio orecchio.
«Dietro di te» aggiunge, posandomi l’indice al centro esatto delle scapole.
«Dentro di te…» bisbiglia, facendo scorrere il dito lungo la mia colonna vertebrale.

Quando apro gli occhi, tutto è avvolto dalla luce. Sono di nuovo nel mio letto, il viso grondante di sudore. L’orologio sul comodino segna mezzogiorno passato.
“Lui era lì” penso, ripercorrendo mentalmente quanto appena accaduto in un mondo indefinitamente distante da quello vero, eppure al tempo stesso altrettanto reale. “Lui era lì davvero.”

Un brivido mi corre lungo la schiena.
“Non l’ho sognato. Io l’ho sentito.”

Abbasso nuovamente le palpebre. In quella pseudo oscurità, per un istante non più lungo di un millisecondo, ritorno a quell’edificio, a quella parete, a quel foro. Mi volto. E, avvolto da ombre che sembrano nebbia, il suo viso si confonde col mio.

Disclaimer & Copyright

Il contenuto pubblicato nel racconto qui sopra è protetto dalla normativa vigente in materia di tutela del diritto d’autore (Legge n. 633/1941): la riproduzione dello scritto, anche parziale, senza autorizzazione è vietata. La storia è un’opera di fantasia. Analogie con fatti, eventi, luoghi e persone, vive o scomparse, sono puramente casuali.

Se siete curiosi di leggere altre storie, prima di tutto GRAZIE, e secondariamente… vi basta cliccare qui! 🙂

8 commenti

  1. Lady C.

    Ho sempre pensato di avere un tempismo davvero poco perfetto in ogni situazione della mia vita, ma, considerando di aver deciso, spontaneamente, di leggere questo tuo racconto prima di andare a letto, sono ancora più convinta che il mio “orologio” interiore abbia un macabro senso dell’umorismo AHAHAH <3 Ok, forse dal titolo avrei dovuto intuire qualcosa, eppure è tardi e si sa che connetto poco anche di mattina XD Quindi, eccomi qui, a mangiarmi le mani per aver assimilato il suddetto piccolo testo che ci hai voluto regalare per maggio!

    Beh, è chiarissimo, il tema dell'incubo è centrato alla perfezione. Ti rimane quasi incollato addosso, dall'inizio alla fine del testo, e, pure dopo -sfortuna o fortuna? Ahahah Forse entrambe XD-, non puoi fare a meno di percepirlo ^_^ Tuttavia, ragazza, qui urge un seguito! Vorrei capire meglio la protagonista, la scena inquietante -ho sentito un fondo di realtà in tutto ciò: mi sbaglio?- e le emozioni provate, quasi alla stregua di approfondimento ulteriore, sebbene non serva davvero, confessiamolo, visto che, beh, sei stata anche fin troppo chiara ed esaustiva 😉 Tuttavia, sai come funziona, da lettrici necessitiamo che nessuna storia bella finisca in via definitiva ahahah <3

    P.S.: L'atmosfera "oscura" -battezziamola così ;)- mi ha ricordato moltissimo quella che ho scelto per il mio scritto del mese… È la seconda volta che mi capita durante la lettura/recensione delle produzioni altrui per Storytelling Chronicles: magari l'universo mi sta dicendo di riparlare di quei due pazzi psicopatici? Ho bisogno di un litro di camomilla per non impazzire solo all'idea AHAHAH #helpme

  2. Stephi questo racconto dà i brividi!!
    Sei stata bravissima ad alzare l’asticella della suspence man mano che la storia proseguiva e al finale è stato davvero un colpo. Il tema dell’incubo funziona alla meraviglia, sia per il sogno in sé ma anche per il significato intrinseco della storia rispetto al terrore della voce narrante. Quel sussurro e il tocco mi hanno stesa.
    Tu hai un dono, con piccole perle sai regalare emozioni forti, sia positive che negative! Chapeau, bravissima!
    Alla prossima
    Federica

  3. Liv

    Il tuo racconto è un capolavoro di suspense e mistero. Hai fatto una descrizione davvero interessante e che ha permesso al lettore, me in primis, di entrare nella storia. Ho immaginato il gioco di ombre e luci, i rumori sinistri, ho persino sentito la voce, i brividi, il battito del cuore della protagonista, la sua angoscia. Per questo ti faccio i miei complimenti, perché non è facile scrivere una scena del genere, che crei un ambiente vivo, che secondo me è diventato un personaggio della storia stessa.
    Hai usato il tema in modo perfetto secondo me, e hai lasciato il mistero su chi e cosa sia davvero successo.
    Bravissima.

    1. Anne Louise

      Ok, ho i brividi e il cuore che batte a mille. Ringrazio di averlo letto di giorno e non prima di andare a dormire altrimenti ci avrei lasciato le penne. Da amante di Poe – con i suoi racconti del terrore e non sono cresciuta – posso dirti senza presunzione che sei riuscita a ricreare l’atmosfera perfetta per la tematica scelta. Sei stata bravissima a scegliere le parole, a calibrarle, a gettarle sulla carta nel modo giusto. Descrizioni, ma non troppo e la suspense la fa da padrone. Che dire: breve, intenso, da incubo! Missione compiuta 🖤

  4. Giusy

    Un racconto da leggere col fiato sospeso,sei riuscita ad intrigarmi e incuriosirmi ,lasciandomi con la voglia di andare avanti e scoprire come finisce. Si percepiscono i brividi di paura e aspettativa. Molto brava.

  5. Silvia Maria Bragalini

    Ciao Stephi! Questa volta ci hai proposto un racconto molto, molto misterioso… mi ha ricordato un po’ alcune parti de “Il suggeritore” di Donato Carrisi, perché sembrava la storia di un rapimento in un seminterrato, anche se lo spazio che hai descritto sembrava più adibito ad ufficio.

    Invece poi il significato dell’incubo è più profondo ed introspettivo: è come se ognuno di noi fosse, in un certo senso, il proprio peggior nemico…almeno alcune volte.

    Complimenti per la tensione che hai creato e che mi ha tenuto in sospeso per tutta la storia. Il tuo stile è sempre perfetto, non ho davvero nulla da dire nemmeno questa volta 🙂 Complimenti, ed alla prossima!

  6. Allora adesso ti chiedo scusa perchè non mi ricordo il titolo, ma c’è un tuo racconto che ho preferito di quelli che ho letto per questa rubrica ed era quello di Natale con la famiglia adorabile in cui parlava la protagonista (pochi dettagli lo so ma spero che tu abbia capito) e lo ricordo con piacere (anche se non si nota visto che ho scordato pure il nome ma non sindachiamo ahah) perchè ti sei avvicinata molto a un genere che adoro.
    Adesso con questo nuovo racconto che in realtà non è un genere che mi si avvicina sei riuscita a farmi leggere tutto di getto fino alla fine con la voglia di sapere cosa succedeva e secondo me sei stata bravissima a rappresentare la tematica esatta che si voleva per questo mese.
    Quindi tutta questa lunga premessa per dirti brava, mi sei piaciuta molto e continua così

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